Acido alfa lipoico - thioctic acid
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Acido alfa lipoico - thioctic acid
Pare che sia un potente antiossidante. Sul sito di Saninforma ho trovato un integratore in capsule, il nome è TIOBEC, vi è anche la crema ma l'inci non mi pare affatto bello. Quanto è utile assumere il lipoico e in che dosi? :thanks: :D
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- esimio cosmetologo
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Re: Acido alfa lipoico
Se ti può bastare ti scrivo 2 righeDaniela ha scritto:Pare che sia un potente antiossidante. Sul sito di Saninforma ho trovato un integratore in capsule, il nome è TIOBEC, vi è anche la crema ma l'inci non mi pare affatto bello. Quanto è utile assumere il lipoico e in che dosi? :thanks: :D
L’acido alfa lipoico è un composto che ricopre un ruolo chiave nel metabolismo energetico cellulare della maggior parte degli esseri viventi, a partire dai batteri per arrivare fino all’uomo. Sono inoltre note le sue spiccate proprietà antiossidanti. Per questa ragione, l’assunzione di acido alfa lipoico sotto forma di integratore alimentare, può essere di grande utilità per attivare queste funzioni di vitale importanza per l’organismo.
ACIDO ALFA LIPOICO: RUOLO E BIOCHIMICA
L’acido alfa lipoico è una molecola relativamente piccola formata da una catena di otto atomi di carbonio e due di zolfo collocati nella parte terminale. Nella forma ridotta, nota anche con il nome di acido diidrolipoico, gli atomi di zolfo sono presenti come tioli liberi (–SH), mentre nella forma ossidata, grazie alla generazione di un legame disolfuro (-S-S-), danno origine ad una struttura terminale ad anello (“dithiolane ring”). Data la sua particolare struttura molecolare, l’acido alfa lipoico può sia andare incontro a reazioni di ossido-riduzione, che fungere da trasportatore di elettroni, o di gruppi acetilici (o altri acili). (Vedi figura 1)
Per questo motivo, l’acido alfa lipoico agisce da cofattore per numerosi enzimi che partecipano al processo di conversione del glucosio, degli acidi grassi e delle altre fonti energetiche in adenosin trifosfato (ATP) (es. piruvato deidrogenasi, alfa-chetoglutarato deidrogenasi). Tale processo, che avviene a livello dei mitocondri cellulari, comprende quel complesso insieme di reazioni che è noto con il nome di “ciclo di Krebs”. La disponibilità di acido lipoico a livello cellulare, aumenta la percorribilità del ciclo di Krebs e conseguentemente anche l’efficienza dell’intero processo.
ATTIVITÀ ANTIOSSIDANTE
L’acido alfa lipoico possiede alcune particolari caratteristiche che lo rendono non solo straordinariamente efficace come antiossidante, ma anche assolutamente indispensabile al nostro organismo per contrastare i danni associati alla formazione di radicali liberi. Le peculiarità che lo rendono unico sono le seguenti:
a) Alta assorbibilità: essendo una molecola relativamente piccola, l’acido alfa lipoico può essere prontamente assorbito e trasportato attraverso le membrane cellulari dove può quindi esercitare la sua azione.
b) Versatilità: l’acido alfa lipoico mantiene la sua attività sia nei comparti cellulari acquosi (citoplasma) che in quelli lipidici (membrana cellulare).
c) Mantenimento del potere antiossidante in entrambe le forme: sebbene la forma ridotta (acido diidrossi lipoico) sia la più attiva, anche a quella ossidata sono associabili apprezzabili proprietà antiossidanti.
d) Ampio spettro d’azione: l’acido diidrossi lipoico è attivo contro numerose specie radicaliche (ad esempio: radicali di tipo perossil, idrossil e perossi-nitritico, oltre a superossidi ed idroperossidi).
e) Rafforza e completa la rete difensiva messa a punto dalle altre molecole antiossidanti. L’acido alfa lipoico nella forma ridotta (acido diidro lipoico) è in grado di donare il suo elettrone alle forme ossidate e quindi non più attive di glutatione (glutatione disulfide) e di vitamina C (acido deidroascorbico), rigenerandole a glutatione ridotto e ad acido ascorbico. A sua volta, la vitamina C in forma ridotta è in grado di riattivare la forma ossidata della vitamina E (cromanossil radicale) riducendola a tocoferolo (vitamina E attiva). A tutto questo processo può essere associato carattere di ciclicità. Dopo la donazione di un elettrone, l’acido diidro lipoico ritorna alla forma ossidata di acido lipoico. Dal momento che anche l’acido lipoico nella forma ossidata possiede proprietà antiossidanti, il ciclo di rigenerazione può proseguire nell’interesse della cellula.
f) Contenimento della fuoriuscita di radicali liberi originatisi in concomitanza di un metabolismo energetico spinto: la metabolizzazione dell’energia attraverso il ciclo di Krebs, quando è molto spinta, favorisce la formazione di radicali liberi. Anche se la maggior parte di questi radicali sono contenuti nell’ambito delle reazioni chimiche del metabolismo energetico, una piccola parte può fuoriuscire e condurre gradualmente al danneggiamento cellulare. La disponibilità di acido lipoico, sebbene aumenti la percorribilità del ciclo di Krebs ed il conseguente rendimento energetico, incrementa anche il contenimento dei radicali liberi in formazione nel corso dell’intero processo. In tal modo viene garantito un sufficiente effetto protettivo, anche in condizioni di elevato rendimento energetico.
MIGLIORAMENTO DEL CONTROLLO DEL GLUCOSIO
L’acido alfa lipoico non è in grado solo di incrementare l’efficienza dell’insulina, ma può migliorare anche il trasporto del glucosio all’interno delle cellule utilizzando vie indipendenti da quelle dell’insulina stessa. Tutto ciò, unitamente ad una migliore efficienza dell’utilizzazione del glucosio attraverso i normali processi metabolici, contribuisce alla normalizzazione del livello di glucosio nel sangue. In tal modo, la probabilità che si formino alcuni pericolosi composti di carattere radicalico, i cosiddetti AGEs (“Advanced Glycation End-products”) risulta sensibilmente ridotta. Tali prodotti si possono infatti generare a partire dalle proteine cellulari in seguito all’accumulo di elevati livelli di glucosio nel sangue. E’ ormai noto come le reazioni di glicosilazione e la formazione degli AGEs contribuiscano all’invecchiamento ed alla degenerazione cellulare. In loro presenza aumenta anche la predisposizione dell’organismo nei confronti di alcune patologie, in particolare modo di quelle che interessano l’apparato cardiovascolare.
L’acido alfa lipoico possiede inoltre la proprietà di ridurre la resistenza all’insulina, tipico fenomeno che concorre all’insorgenza di alcune patologie, quali il diabete e la cosiddetta “Sindrome X” (un disturbo collegato sempre alla resistenza insulinica ed, a seconda dei casi, anche ad altri fattori, quali ad esempio: l’intolleranza al glucosio, il sovrappeso, l’ipertensione arteriosa, la trigliceremia e l’ipercolesterolemia).
PER LA FUNZIONALITÀ NERVOSA
L’acido alfa lipoico è in grado di proteggere i nervi dal danneggiamento agendo su diversi fronti. In primo luogo, limitando i danni provocati dai radicali liberi, li preserva da una pericolosa degenerazione. Secondariamente, migliorando la velocità della comunicazione nervosa, ne ottimizza la funzionalità. Inoltre, l’acido alfa lipoico esercita un’azione normalizzante nei confronti della sensibilità nervosa, riducendo in tal modo sia il dolore che la torpidità sensoriale.
Nel caso particolare della sciatalgia, ad esempio, sembra che la somministrazione di acido alfa lipoico possa aumentare nel nervo sciatico la presenza di alcune sostanze ad azione neurotropica, quali ad esempio il neuropeptide Y. Ciò migliorerebbe sensibilmente la funzionalità nervosa e diminuirebbe il dolore.
CONTRO LA CATARATTA
Da numerosi studi condotti su animali è emerso come la somministrazione di acido alfa lipoico possa ridurre il rischio della comparsa di cataratta. Questa patologia è molto spesso correlata ad elevati livelli di glucosio nel sangue ed alla sovraesposizione alla luce solare. Tali fattori infatti contribuiscono alla formazione di radicali liberi, i quali possono poi provocare danni alle proteine delle lenti dell’occhio e favorire la generazione degli AGEs.
Uno dei principali antiossidanti presenti nel fluido che circonda l’occhio è il glutatione. Come è già stato detto, l’acido alfa lipoico può contribuire alla rigenerazione del glutatione. Tutto ciò risulta di particolare importanza dal momento che la molecola del glutatione, a causa delle sue dimensioni, non è facilmente assorbibile a livello intestinale e quindi neppure prontamente assimilabile per via orale. C’è inoltre da sottolineare che l’acido alfa lipoico contiene zolfo, vale a dire uno dei più importanti componenti della molecola del glutatione. L’integrazione con acido alfa lipoico può dunque risultare di grande utilità per incrementare i livelli di glutatione nel nostro organismo, soprattutto nei distretti nei quali esso riveste particolare importanza.
ALTRO
L’ictus è una grave patologia alla base della quale si colloca la formazione di un coagulo che blocca il flusso di sangue in un vaso del cervello e conduce al parziale o totale soffocamento delle cellule nella zona interessata. Anche dopo che è stata rinstaurata la circolazione, data comunque l’avvenuta formazione di un ingente quantitativo di radicali liberi, le cellule possono continuare ad essere danneggiate. In questo caso, la disponibilità di acido alfa lipoico può risultare di vitale importanza per la minimizzazione dei danni.
Le applicazioni terapeutiche dell’acido alfa lipoico possono estendersi anche in altri campi, ad esempio nel trattamento degli avvelenamenti da funghi Amanita e Galeriana. Le tossine prodotte da questi funghi, infatti, sono in grado di inibire la normale funzionalità del fegato e di distruggere le cellule epatiche. L’estrema tossicità di tali composti può condurre a conseguenze gravissime che comprendono, in funzione della dose ingerita, anche il coma e la morte. Il trattamento più diffuso è rappresentato dal trapianto del fegato. Questa soluzione, per motivi di varia natura, non è sempre attuabile. L’azione benefica che può esercitare in questi casi l’acido alfa lipoico non sembra tanto diretta alla neutralizzazione delle tossine quanto piuttosto alla stimolazione della reattività delle cellule epatiche. Ciò è direttamente visibile dalla graduale normalizzazione di alcuni enzimi, quali ad esempio la SGPT.
L’azione epato-protettiva esercitata dall’acido alfa lipoico è di notevole interesse terapeutico, anche se necessita di ulteriori approfondimenti. Per queste ragioni, gli integratori a base di acido alfa lipoico potrebbero in futuro rappresentare un’ulteriore arma preventiva a nostra disposizione per la difesa nei confronti delle sostanze tossiche con le quali possiamo involontariamente venire a contatto tutti i giorni.
POSOLOGIA E TOSSICITÀ
L’acido alfa lipoico è solitamente presente in maggiori quantità nei tessuti che sono più ricchi di mitocondri, ovvero di quelli organelli cellulari nei quali avvengono la maggior parte delle reazioni deputate alla produzione di energia. In pratica, l’acido alfa lipoico è presente nelle foglie delle piante che contengono mitocondri e nei tessuti vegetali non fotosintetici, quali ad esempio i tuberi delle patate. Ne sono particolarmente ricchi anche i broccoli e gli spinaci. La maggiore fonte di acido lipoico rimane comunque la carne rossa e alcune frattaglie (in particolare modo il cuore).
Sebbene l’acido lipoico non rappresenti di per sé un costituente definibile come essenziale, dal momento che il nostro organismo è in grado di sintetizzarlo, esso si ritrova comunque in quantità abbastanza ridotte nel corpo umano. Sussistono inoltre problemi di biodisponibilità per l’acido lipoico contenuto negli alimenti in quanto esso è presente in forma complessata con la lipolisina e crea un insieme più grande e più difficilmente assorbibile.
Quanto fino ad ora osservato gioca dunque a favore dell’assunzione di acido alfa lipoico tramite integrazione. I dosaggi ottimali possono variare di molto in funzione delle caratteristiche individuali, dello stile di vita, dell’attività fisica, dell’esposizione ai raggi solari e della dieta.
La dose comunque normalmente consigliata a scopo genericamente preventivo nei confronti delle degenerazioni causate dai radicali liberi per i soggetti sani è di 50 mg/die, da assumersi preferibilmente in associazione con altri composti ad azione antiossidante (quali ad esempio: vitamine A, C, E, Selenio, Coenzima Q10, etc..). Per l’attenuazione dei disturbi collegati all’intolleranza al glucosio ed alla Sindrome X sono invece suggeriti dai 100 ai 300 mg/die.
In presenza di soggetti diabetici, invece, sono consigliabili 600 mg/die, da assumersi però sotto stretto controllo medico. In tali casi infatti, la somministrazione di alte dosi di acido alfa lipoico può diminuire il fabbisogno di altri farmaci in grado di abbassare il livello di glucosio nel sangue.
Per quanto concerne la tossicità, possiamo affermare che l’assunzione giornaliera di 50 mg/die di acido alfa lipoico non è stata fino ad oggi collegata con alcun effetto collaterale specifico. Alcuni studi, che hanno coinvolto dosaggi da 100 a 600 mg/die per periodi dai tre ai sei mesi, hanno evidenziato una bassa tossicità sugli esseri umani. Per dosaggi molto più alti sono invece stati riportati, anche se solamente in casi sporadici, significativi decrementi della glicemia ed alcune reazioni allergiche a livello cutaneo. Altre ricerche hanno inoltre documentato l’assenza di potere mutageno, teratogeno o cancerogeno.
BIBLIOGRAFIA
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18. Arivazhagan P, Panneerselvam C. Effect of DL-alpha lipoic acid on tissue nucleic acid contents in aged rats. Pharmacol Res 2000 Sep;42(3):223-226.
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a.l.a.
...credo che un eccipiente come l'olio di vaselina vanifichi notevolmente la capacita' di penetrazione cutanea del a.l.a.(inci tioctic acid)...
In effetti poi la combinazione con il dmae è una sinergia interessante anche perchè una ammina ha piacere di stare con un antiossidante al fianco.
In effetti poi la combinazione con il dmae è una sinergia interessante anche perchè una ammina ha piacere di stare con un antiossidante al fianco.
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dosi acido lipoico
Invece io credo che se non ne ha un "reale" bisogno ovvero se non ha problemi glicemici e vuole solo un eccellente effetto antiossidante non ne deve assumere più di 200 mg die, è meglio, poi, scegliere un integratore che abbia in formula anche la biotina (l'ac. lipoico compete con questa vitamina)Trotula ha scritto:Se proprio vuoi assumere del lipoico, prendi il Tioplus 600 - bel dosaggio "urto" assai utile.
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è solo l'abstract
Lipoic Acid Reduces the Activities of Biotin-Dependent Carboxylases in
Rat Liver1,2
Janos Zempleni, Timothy A. Trusty and Donald M. Mock3
Department of Pediatrics, University of Arkansas for Medical Sciences and the Arkansas Children’s Hospital
Research Institute, Little Rock, AR 72202
ABSTRACT In the past, lipoic acid has been administered to patients and test animals as therapy for diabetic
neuropathy and various intoxications. Lipoic acid and the vitamin biotin have structural similarities. We sought to
determine whether the chronic administration of lipoic acid affects the activities of biotin-dependent carboxylases.
For 28 d, rats received daily intraperitoneal injections of one of the following: 1) a small dose of lipoic acid [4.3
mmol/( kgrd)]; 2) a large dose of lipoic acid [15.6 mmol/(kgrd)]; or 3) a large dose of lipoic acid plus biotin [15.6 and
2.0 mmol/(kgrd), respectively]. Another group received n-hexanoic acid [14.5 mmol/(kgrd)], which has structural
similarities to lipoic acid and biotin and thus served as a control for the specificity of lipoic acid. A fifth group
received phosphatidylcholine in saline injections and served as the vehicle control. The rat livers were assayed
for the activities of acetyl-CoA carboxylase, pyruvate carboxylase, propionyl-CoA carboxylase, and b-methylcrotonyl-
CoA carboxylase. Urine was analyzed for lipoic acid; serum was analyzed for indicators of liver damage and
metabolic aberrations. The mean activities of pyruvate carboxylase and b-methylcrotonyl-CoA carboxylase were
28–36% lower in the lipoic acid–treated rats compared with vehicle controls (P › 0.05). Rats treated with lipoic
acid plus biotin had normal carboxylase activities. Carboxylase activities in livers of n-hexanoic acid–treated rats
were normal despite some evidence of liver injury. Propionyl-CoA carboxylase and acetyl-CoA carboxylase were
not significantly affected by administration of lipoic acid. This study provides evidence consistent with the hypothesis
that chronic administration of lipoic acid lowers the activities of pyruvate carboxylase and b-methylcrotonyl-
CoA carboxylase in vivo by competing with biotin. J. Nutr. 127: 1776–1781, 1997.
ciao
titti
Rat Liver1,2
Janos Zempleni, Timothy A. Trusty and Donald M. Mock3
Department of Pediatrics, University of Arkansas for Medical Sciences and the Arkansas Children’s Hospital
Research Institute, Little Rock, AR 72202
ABSTRACT In the past, lipoic acid has been administered to patients and test animals as therapy for diabetic
neuropathy and various intoxications. Lipoic acid and the vitamin biotin have structural similarities. We sought to
determine whether the chronic administration of lipoic acid affects the activities of biotin-dependent carboxylases.
For 28 d, rats received daily intraperitoneal injections of one of the following: 1) a small dose of lipoic acid [4.3
mmol/( kgrd)]; 2) a large dose of lipoic acid [15.6 mmol/(kgrd)]; or 3) a large dose of lipoic acid plus biotin [15.6 and
2.0 mmol/(kgrd), respectively]. Another group received n-hexanoic acid [14.5 mmol/(kgrd)], which has structural
similarities to lipoic acid and biotin and thus served as a control for the specificity of lipoic acid. A fifth group
received phosphatidylcholine in saline injections and served as the vehicle control. The rat livers were assayed
for the activities of acetyl-CoA carboxylase, pyruvate carboxylase, propionyl-CoA carboxylase, and b-methylcrotonyl-
CoA carboxylase. Urine was analyzed for lipoic acid; serum was analyzed for indicators of liver damage and
metabolic aberrations. The mean activities of pyruvate carboxylase and b-methylcrotonyl-CoA carboxylase were
28–36% lower in the lipoic acid–treated rats compared with vehicle controls (P › 0.05). Rats treated with lipoic
acid plus biotin had normal carboxylase activities. Carboxylase activities in livers of n-hexanoic acid–treated rats
were normal despite some evidence of liver injury. Propionyl-CoA carboxylase and acetyl-CoA carboxylase were
not significantly affected by administration of lipoic acid. This study provides evidence consistent with the hypothesis
that chronic administration of lipoic acid lowers the activities of pyruvate carboxylase and b-methylcrotonyl-
CoA carboxylase in vivo by competing with biotin. J. Nutr. 127: 1776–1781, 1997.
ciao
titti
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non c'è che dire, l'abstract in se è sicuramente persuasivo ma, datosi che io non sono un medico (penso invece che tu lo sia), alla fin fine che conseguenze ha sull'organismo la riduzione dell'attività di questi enzimi determinata dall'assunzione di acido alfa-lipoico? e come si può integrare la vit. H? secondo te, sarà sufficiente assumere del semplice lievito?
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No non sono un medico. sono un CTF specializzando in farmacologia. e lavoro da molto tempo nel settore.
Ti riporto giù la scheda SINU (soc. ital. nutrizione um.) sulla biotina
l'RDA della biotina è di 150 microgrammi ovvero 0.15 mg.
BIOTINA
La biotina è una vitamina del gruppo B contenente zolfo. Il suo ruolo biochimico è ben conosciuto: è infatti il coenzima di diverse carbossilasi; agisce fissando inizialmente la molecola di CO2 e trasferendola successivamente alla molecola da carbossilare. La carbossilazione della biotina a carbossi-biotina utilizza il bicarbonato come donatore di carbossile e richiede la presenza di magnesio e di ATP. Nell'uomo, la biotina è il coenzima di quattro importanti carbossilasi, implicate nel metabolismo intermedio: la piruvato carbossilasi nella gluconeogenesi, la propionil CoA carbossilasi per il metabolismo del propionato; la metilcrotonil CoA carbossilasi per il metabolismo degli aminoacidi ramificati e l'acetil CoA carbossilasi nella sintesi degli acidi grassi (Wood & Barden, 1977).
L'uomo è del tutto incapace di sintetizzare la biotina; questa proviene essenzialmente dall'alimentazione e, per una piccola parte, dai microorganismi del tratto gastro-intestinale. La biotina introdotta con la dieta non è libera, ma legata alle proteine per mezzo di un residuo di lisina, (Marquet, 1977). La biotinidasi presente nel succo pancreatico scinde il legame biotina-lisina, liberando così nel lume intestinale la vitamina.
I meccanismi di assorbimento intestinale della biotina sono poco conosciuti nell'uomo. Studi sperimentali hanno dimostrato che la biotina viene assorbita nel digiuno e nell'ileo prossimale contro gradiente di concentrazione in presenza di sodio (Said et al., 1987; Spencer & Brody, 1964; Berger et al., 1972).
La biotina circola nel plasma sia in forma libera che legata alle proteina (a e ß-globuline e albumina) ma, attualmente non si conosce l'esistenza di una proteina vettrice specifica. La biotina libera rappresenta il studiata. La vitamina è presente in tutti i tessuti dotati di almeno 20% della biotina totale del plasma (Mock & Malik, 1992; Suchy & Wolf, 1982). La ripartizione della biotina nell'organismo non è stata sistematicamente una attività carbossilasica, sotto forma di biocitina. Il fegato è l'organo più ricco di biotina; le quattro carbossilasi, infatti, sono molto attive in questo organo.
Carenza e tossicità
Nell'adulto è assai rara l'insorgenza di una carenza primaria di biotina, che si manifesta principalmente con alterazioni a carico della cute (desquamazioni). Sono state descritte carenze primarie di biotina soltanto in pazienti nutriti esclusivamente per via parenterale.
Carenze secondarie di biotina sono invece da imputarsi a difetti funzionali o ad alterazioni del suo assorbimento, oppure all’ingestione di quantità elevate di uova crude o alla coque, in quanto l’albume contiene una proteina che possiede un'affinità molto elevata per questa vitamina e la rende quindi indisponibile (Gravel et al., 1980).
Non sono stati osservati effetti tossici legati ad assunzione di quantità elevate di biotina, fino a 10 mg/giorno (LSRO, 1978).
Fonti alimentari
La biotina è molto diffusa nel regno animale (carne di bue, vitello, maiale, agnello e pollo) e vegetale (cavolfiore, funghi, carote, pomodori, spinaci, fagioli e piselli secchi, frutta, quali la mela). Inoltre è contenuta sia nel latte umano che in quello di mucca, nei formaggi, nelle uova intere e nei pesci di mare. Non completamente biodisponibile è però la biotina presente negli alimenti di origine vegetale, a causa dei legami molto forti che essa contrae con altri componenti. I valori medi di ingestione in Europa sono intorno a 30-50 µ g/die, anche se sono possibili ampie variazioni (da 15 a 100 µ g/die).
Livelli di assunzione raccomandati
Non esistono informazioni sufficienti per stabilire un livello di assunzione raccomandato nè un livello al di sotto del quale aumenti il rischio di carenza. Poichè gli attuali livelli di assunzione di biotina con la dieta sono compatibili con la mancata comparsa di segni di carenza, si suppone che questi apporti siano adeguati. Il National Research Council (1989) suggerisce per gli adulti un intervallo adeguato di sicurezza compreso tra 30 e 100 µg/die, mentre, secondo la Commission of the European Communities (1993), l’apporto può essere compreso tra 15 e 100 µg/die. Poichè non esistono dati italiani di assunzione nè studi specifici al riguardo, si ritiene valido l’intervallo compreso fra 15 e 100 µg/die suggerito dal Comitato Scientifico Europeo.
Ti riporto giù la scheda SINU (soc. ital. nutrizione um.) sulla biotina
l'RDA della biotina è di 150 microgrammi ovvero 0.15 mg.
BIOTINA
La biotina è una vitamina del gruppo B contenente zolfo. Il suo ruolo biochimico è ben conosciuto: è infatti il coenzima di diverse carbossilasi; agisce fissando inizialmente la molecola di CO2 e trasferendola successivamente alla molecola da carbossilare. La carbossilazione della biotina a carbossi-biotina utilizza il bicarbonato come donatore di carbossile e richiede la presenza di magnesio e di ATP. Nell'uomo, la biotina è il coenzima di quattro importanti carbossilasi, implicate nel metabolismo intermedio: la piruvato carbossilasi nella gluconeogenesi, la propionil CoA carbossilasi per il metabolismo del propionato; la metilcrotonil CoA carbossilasi per il metabolismo degli aminoacidi ramificati e l'acetil CoA carbossilasi nella sintesi degli acidi grassi (Wood & Barden, 1977).
L'uomo è del tutto incapace di sintetizzare la biotina; questa proviene essenzialmente dall'alimentazione e, per una piccola parte, dai microorganismi del tratto gastro-intestinale. La biotina introdotta con la dieta non è libera, ma legata alle proteine per mezzo di un residuo di lisina, (Marquet, 1977). La biotinidasi presente nel succo pancreatico scinde il legame biotina-lisina, liberando così nel lume intestinale la vitamina.
I meccanismi di assorbimento intestinale della biotina sono poco conosciuti nell'uomo. Studi sperimentali hanno dimostrato che la biotina viene assorbita nel digiuno e nell'ileo prossimale contro gradiente di concentrazione in presenza di sodio (Said et al., 1987; Spencer & Brody, 1964; Berger et al., 1972).
La biotina circola nel plasma sia in forma libera che legata alle proteina (a e ß-globuline e albumina) ma, attualmente non si conosce l'esistenza di una proteina vettrice specifica. La biotina libera rappresenta il studiata. La vitamina è presente in tutti i tessuti dotati di almeno 20% della biotina totale del plasma (Mock & Malik, 1992; Suchy & Wolf, 1982). La ripartizione della biotina nell'organismo non è stata sistematicamente una attività carbossilasica, sotto forma di biocitina. Il fegato è l'organo più ricco di biotina; le quattro carbossilasi, infatti, sono molto attive in questo organo.
Carenza e tossicità
Nell'adulto è assai rara l'insorgenza di una carenza primaria di biotina, che si manifesta principalmente con alterazioni a carico della cute (desquamazioni). Sono state descritte carenze primarie di biotina soltanto in pazienti nutriti esclusivamente per via parenterale.
Carenze secondarie di biotina sono invece da imputarsi a difetti funzionali o ad alterazioni del suo assorbimento, oppure all’ingestione di quantità elevate di uova crude o alla coque, in quanto l’albume contiene una proteina che possiede un'affinità molto elevata per questa vitamina e la rende quindi indisponibile (Gravel et al., 1980).
Non sono stati osservati effetti tossici legati ad assunzione di quantità elevate di biotina, fino a 10 mg/giorno (LSRO, 1978).
Fonti alimentari
La biotina è molto diffusa nel regno animale (carne di bue, vitello, maiale, agnello e pollo) e vegetale (cavolfiore, funghi, carote, pomodori, spinaci, fagioli e piselli secchi, frutta, quali la mela). Inoltre è contenuta sia nel latte umano che in quello di mucca, nei formaggi, nelle uova intere e nei pesci di mare. Non completamente biodisponibile è però la biotina presente negli alimenti di origine vegetale, a causa dei legami molto forti che essa contrae con altri componenti. I valori medi di ingestione in Europa sono intorno a 30-50 µ g/die, anche se sono possibili ampie variazioni (da 15 a 100 µ g/die).
Livelli di assunzione raccomandati
Non esistono informazioni sufficienti per stabilire un livello di assunzione raccomandato nè un livello al di sotto del quale aumenti il rischio di carenza. Poichè gli attuali livelli di assunzione di biotina con la dieta sono compatibili con la mancata comparsa di segni di carenza, si suppone che questi apporti siano adeguati. Il National Research Council (1989) suggerisce per gli adulti un intervallo adeguato di sicurezza compreso tra 30 e 100 µg/die, mentre, secondo la Commission of the European Communities (1993), l’apporto può essere compreso tra 15 e 100 µg/die. Poichè non esistono dati italiani di assunzione nè studi specifici al riguardo, si ritiene valido l’intervallo compreso fra 15 e 100 µg/die suggerito dal Comitato Scientifico Europeo.
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grazie tmgp, ho letto con interesse le informazioni sulla biotina che hai riportato. ho visto in rete, su di un forum di fanatici della forma fisica che ora non ricordo, che è abbastanza diffusa l'abitudine di assumere giornalmente 200 mg di acido lipoico ciclicamente durante l'anno a scopo antiossidante. se facessi anche io così, lasciando perdere a questo punto l'assunzione di lievito che pare non serva a molto, ma limitandomi a seguire un'alimentazione equilibrata (ho sempre pensato che essere esclusivamente vegetariani è come tirarsi la zappa sui piedi) tu come la vedresti?
(p.s.: io sono fanatica della forma fisica solo fintantochè non si parla di sforzo o fatica.)
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Ho una bustina di alfa lipoico da almeno 1 anno ormai. E' una polvere giallina, e non mi sono mai data la briga di informarmi su cosa può fare di buono e dove infilarla. Il "non si scioglie manco morto" vale anche per il mio? In caso, butto?Lola ha scritto:No, non si scioglie manco morto e resterebbe ad aghetti.
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acido lipoico
Già gli eccipienti!....erano quelli che non si scioglievano...
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Spero di farvi cosa gradita: lo volevo mettere in un siero con totale assenza di olii, dato che qualche volta può andare bene... ci ho provato e mi è andata bene:
le ceramidi (SK-INFLUX) lo sciolgono!
L'ho stemperato un pochetto, avevo in ricetta 0,3 di lipoico (1%) e 1,8 di ceramidi SK-influx (5%) ed è andata, ha formato piano piano, senza neppure troppe smadonnamenti, una cremetta e poi ho aggiunto gli altri ingredienti e infine l'acqua... è andata, giuro!
le ceramidi (SK-INFLUX) lo sciolgono!
L'ho stemperato un pochetto, avevo in ricetta 0,3 di lipoico (1%) e 1,8 di ceramidi SK-influx (5%) ed è andata, ha formato piano piano, senza neppure troppe smadonnamenti, una cremetta e poi ho aggiunto gli altri ingredienti e infine l'acqua... è andata, giuro!
C'è chi aspetta la pioggia per non piangere solo. F.d.A.
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